La scuola negli ultimi 25 anni si è rinnovata sia nella sua organizzazione interna sia nelle sue pratiche formative: un po’ in tutta Europa, ma anche in Italia. Qui da noi col modello della “scuola dell’autonomia”, articolato poi nelle Indicazioni per il curricolo e del 2007 e del 2012, nel ruolo un po’ di guida assegnato all’INVALSI, nelle riforme delle scuole secondarie superiori tra licei e istituti professionali, fino ai richiami della “Buona scuola” del 2015 etc. Così la scuola ha assunto un volto nuovo e un po’ a tutti i livelli. Un volto carico di luci: la modernizzazione dei locali scolastici con laboratori, biblioteche, spazi sociali per incontri e mostre etc., la verifica costante della sua organizzazione interna e della sua efficacia valutando i fini raggiunti o no, la costruzione di una comunità aperta tra docenti e genitori, ma anche vari esperti, la ridefinizione delle competenze dei docenti, oggi più plurali e complesse, a cominciare da quella dell’aggiornamento continuo su vari piani di professionalità, l’apertura verso le altre agenzie formative del territorio e poi una scuola dove i veri protagonisti devono essere gli allievi visti nei loro caratteri specifici propri delle varie fasi di crescita dal punto di vista cognitivo, emotivo, relazionale. Un modello europeo che, però, non si è realizzato in pieno e dovunque per le resistenze politiche seguite alla sua enunciazione e per la burocratizzazione subita dal modello stesso, infine anche per eventi imprevisti che hanno sospeso il modello collaborativo dell’autonomia, come sta accadendo per l’emergenza del Covid19.
E questi ultimi sono i punti-ombra del modello. Che però deve esser ripreso e affinato e realizzato su scala nazionale con interventi anche finanziari da parte dello stato resi finalmente di levatura europea. Dentro questo modello innovatore, poi, sta al centro l’impegno a formare cittadini attivi e responsabili, dotati di coscienza critica e di capacità solidali dentro una società sempre più pluralistica e, anzi, ormai globalizzata. E sotto ogni aspetto: etnico, culturale, di costumi, di cittadinanza, di religione. Come un giovane millennial deve abitare oggi questo spazio pubblico organizzato sulla e per la convivenza democratica? Dotandolo di tale coscienza democratica. Poi facendogli vivere i suoi valori-guida, da libertà e giustizia, da eguaglianza a collaborazione, etc. Portandolo a capire la storia contemporanea nelle sue conquiste e nei suoi errori/orrori. E poi anche il ruolo sociale basico che svolge la legalità vissuta dai cittadini nelle società moderne. E tutto ciò deve farsi a scuola un iter di “formazione alla cittadinanza” preciso e organico, teorico e pratico insieme, dotato di una sua compattezza e, appunto, organicità e sviluppato già a partire dalla scuola dell’infanzia, guardando all’azione pratica e vissuta anche in classe prodotta da quei valori e regole , per passare poi a una riflessione più via via formale relativa alla democrazia e alla sua organizzazione interna per esser tale e tale mantenersi. Un iter che reclama sì una buona riflessione storico-teorica in merito, ma anche una programmazione organica e una sperimentazione efficace in modo da rendere tale iter un modello efficace e da applicare su scala potenzialmente nazionale. Comunque su di esso è bene chiarire alcuni punti: 1) tale programma non si contrappone al curricolo, anzi lo integra e sollecita su fronti di apprendimento spesso rimaste ai margini in modo specifico; 2) deve costruire “occasioni” per far emergere temi di cittadinanza democratica, sia dentro la scuola sia fuori di essa con agenzie diverse (dal teatro all’associazionismo); 3)ogni istituto dovrebbe avere un suo Programma articolato di formazione alla cittadinanza, condiviso con genitori, allievi e esperti, che faccia un po’ “stemma” dell’istituto stesso’ validato dal Dirigente e dal Consiglio d’istituto; 4) ma rivederlo e aggiornarlo anno per anno alla luce di eventuali emergenze; 5) articolarlo nei vari ambiti degli istituti comprensivi secondo modalità efficaci, poi nelle scuole superiori reso più storico-teorico-etico-politico in modo organico. Ora inoltriamoci sulle tematiche di base da attivare in modo via via più ricco e maturo nei diversi istituti, nei quali fare appunto sperimentazione o in proprio o “di ripresa”.
Primo tema-base: la Democrazia. Farne conoscere la storia, le regole e le deviazioni. Fissarne bene il valore più alto di modello politico e la sua complessità. Come pure le norme-chiave. Rendere centrale lo studio della Costituzione italiana, da svolgere a vari livelli, attraverso una comunicazione concretizzante prima, più formale poi. Far leggere o ascoltare la voce di esperti che la interpretano e nel suo ruolo-guida e nella sua ricca articolazione.
Secondo tema-base: le Emergenze sociali e non solo. Da conoscere, discutere insieme e valutare eticamente. Emergenze di violenza, di razzismo, di bullismo giovanile etc. che reclamano una forte presa di coscienza critica e una volontà di impegno capace di contrastarle. E qui la sperimentazione può essere varia e demarcata anche da istanze locali e ben direttamente conosciute.
Terzo tema-base: la Complessità e la Globalizzazione del mondo. Temi di vera attualità che dilatano la cittadinanza e la sofisticano e nel conoscere e nell’agire. Anche qui la via del laboratorio è fondamentale, poiché fa discussione, studio insieme e approfondimento dei singoli temi trattati: ad esempio, i confini, il confronto/dialogo, i diritti umani etc. Sviluppandoli sia in modo narrativo che faccia presa di coscienza reale sia in modo riflessivo che porti dagli eventi ai principi per giudicarli e affrontarli operativamente. Tenendo ben ferme anche le posizioni dei Media che informano e giudicano al tempo stesso, per interpretarli a loro volta a partire dalle scuole secondarie.
Questi indicati qui sopra sono solo macrotemi “indiziari” da approfondire, arricchire , sofisticare anche, ma che possono garantire una sperimentazione organica di un processo di formazione alla cittadinanza di cui la scuola (e proprio quella ”dell’autonomia”) deve farsi carico con piena consapevolezza e impegno, anche e proprio per sanare quel deficit di coscienza civile che già Leopardi, con preciso acume, vedeva come contrassegno dell’Italia del 1824, ma che noi oggi vediamo proprio come un vulnus di vita sociale moderna e responsabile a livello diffuso. Così è proprio la scuola che non può non farsi carico di questo compito complesso sì, ma sempre più necessario. Infatti: se non la scuola chi, sul piano appunto di formazione di una nuova coscienza vissuta su scala nazionale?
BIBLIOGRAFIA MINIMA M. Baldacci, Curricolo e competenze, Milano, Mondadori, 2010 L. Berlinguer, M. Panara, La scuola nuova, Roma-Bari, Laterza, 2001 G. Bertagna, Autonomia. Storia, bilancio e rilancio di un’idea, Brescia ,La Scuola, 2008 F. Cambi, Odissea scuola, Napoli, Loffredo, 2008 F. Frabboni, La scuola comprensiva, Trento, Erickson, 2015
Prof. Franco Cambi